Recensioni

La sintesi di una formazione autonoma, non accademica, questo è elemento di forza, tra arte pittorica, suo padre pittore, e arte musicale, sua madre pianista, porta Roberta a verificare e inverare un percorso poetico e lirico sommo e universale, tale da donargli una sapienza artistica ed estetica senza precedenti, propria, autorevole e autorale, figlia, chiaramente, di citazioni di una letteratura pittorica moderna, elementi di un visionario secessionismo austriaco, di un neoespressionismo interiore, di un surrealismo onirico, di un'Art Nouveau che sa di grafia pura, ma risaltate attraverso l'occhio e lo sguardo intimo di un'artista nuova, rinnovata, contemporanea e completa.[...]

- Alessandro Rizzo
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Nei dipinti di Roberta Zambon l'inconscio emerge come un ardito controcampo alla lucidità della realtà in cui è recluso. Con linguaggio poetico il ragionamento emotivo riesce a codificare ogni sensazione, ogni immagine può essere tradotta in un sostantivo che urla le problematiche irrisolte della donna. Nell'opera Abbandono il linguaggio connotativo si tramuta in significato denotativo, il fruitore viene coinvolto ed avviluppato in atmosfere impalpabili. Roberta Zambon attraverso un resoconto materico assolutamente personale riempie, sovente, la superficie della tela di segni schizofrenici, stimoli dolorosi che l'artista scava dal di dentro. Opere che si ispirano e si incarnano in una coscienza arresa, rassegnata. Nel dipinto Aria c'è musica, vibrazioni di aria che si piega, sprofonda, riemerge, che come musica ci emoziona, ci trasporta dentro e fuori di noi. L'opera, giocata su poche tonalità, dal nero al violaceo, può essere tradotta in uno stato di grazia e di bellezza o diversamente interpretata come un abisso, un canto di sirene di cui sentiamo il respiro che ci giunge dai fondali di turbolenze marine. Interrogativi che l'osservatore si pone e che non hanno risposta. Roberta Zambon proietta fuori di sé scienza e coscienza, le pennellate di acrilico sono pastose, immediate ed equilibrate, si fanno carico di un messaggio che passa oltre i marosi penetrando gli antri oscuri del transito umano. Nell'opera Ricordi sono raffigurati volti femminili che l'artista vorrebbe puri come l'arte, preservati dalle escissioni dei sogni e dai morsi della vita. Sono alienazioni della nostra identità, specchio nel quale si riflette la vita affettiva, psichica ed emotiva. Il figurativismo della sua pittura diviene invenzione metaforica, surrealtà dove consensi vietati parlano del disagio di vivere. Una personale verità dietro un'apparente facilità di lettura dove si ha la persistente sensazione che c'è in essa qualcosa di malinconicamente serrato, da capire. Neoespressionismo figurativo che non disdegna la grammatica vibrante del grafismo, nell'impulsività del tratto i volti diventano strutture articolate che vivificate da una moltitudine di linee ricurve, sottili come capelli obbligano la realtà a rivelarsi in una trama inedita di presenze ed echi trattenendo nel perimetro dell'opera la fuggevolezza della vita.

- Maria De Michele
Il mondo dipinto dalla brindisina del nord, Roberta Zambon, è un luogo a metà strada tra reale e surreale, in cui a rendersi protagoniste sono esseri femminili dalle sembianze ancestrali. Non sono dee o figure mitologiche riconoscibili, tutt'altro, tanto che, molto spesso si tratta di donne senza volto, a cui, per volere della stessa artista, ogni osservatore può dare identità. Tutte, però, sono accomunate da sinuose forme che nascono da pennellate che seguono movimenti naturali, quelli dell'aria, dell'acqua e del fuoco. Shakespearianamente fatte della stessa materia di cui sono fatti i sogni, queste figure femminili, che ricordano la Venere del Botticelli e le protagoniste della Primavera del maestro fiorentino, si fondono e confondono con i luoghi da cui sono circondate, in una sorta di natura antropomorfa che sembra dar loro linfa vitale. Sono emozioni più che ritratti, suggestioni che catturano lo spirito dell'osservatore e lasciano alla gestualità delle forme il compito di veicolare il messaggio. L'energia che traspare deriva dal continuo movimento espresso dalle volute e dalle spirali che si attorcigliano lungo la trama della tela, un'evoluzione che sembra seguire i tempi della natura, umana e ambientale. Il simbolismo usato dalla Zambon, unito all'uso di pochi colori ma resi dinamici nella loro stesura, creano una natura umanizzata, arcaica, sospesa tra sogno e realtà, che ricordano una danza, quella di una comunione tra natura e uomo, alla ricerca di un'unica simbiosi che tende all'infinito.

- Azzurra Immediato
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La cifra stilistica della pittura di Roberta Zambon è data da una natura umanizzata, per cui le forme sinuose delle figure, perlopiù femminili, vivono in relazione simbiotica con l'ambiente, nel quale si confondono e talvolta si occultano fino a sfuggire al primo sguardo dell'osservatore. Alcune figure sbocciano o germogliano da un sottobosco dal sapore arcadico, altre sembrano minacciate da un mondo vegetale antropofago, altre ancora paiono intrappolate nell'infinita estensione delle loro chiome, che si trasformano in grovigli di rovi, altre sono contratte in modo angoscioso e si ripiegano su se stesse, imprigionate in un cerchio magico che si dissimula nella graziosa cornice di un cammeo. La sensualità delle forme, sottolineata dalla quasi totale assenza di lineamenti nei volti, è rispecchiata e sostenuta da un sapiente uso del colore che ci riporta in modo ossessivo ai quattro elementi naturali, ma in ordine inverso a quello stabilito da Empedocle: in questo caso Acqua, Aria, Terra e Fuoco.

- Emanuela Monti
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Credo nella profonda correlazione esistente tra le varie forme artistiche e nella completezza che è possibile raggiungere affiancandole. L'improvvisazione musicale nasce proprio da questo: dalla creazione, momentanea e del tutto spontanea, basata sull'emozione del momento. Così è accaduto con i quadri di Roberta Zambon, immagini che non mi hanno lasciato indifferente, ma che anzi trovo fortemente comunicative, e che mi hanno portato a sviluppare, in maniera immediata, le mie improvvisazioni.

- Stefano Maso
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Quando ho chiesto a Roberta di illustrare la copertina de Il dono inquietante non avevo idea di cosa avrebbe realizzato. Vedendo i suoi lavori avevo percepito una possibile affinità stilistica con il mio modo di scrivere ma confesso che si trattava di un azzardo: non riuscivo a immaginarmi come avrebbe interpretato il romanzo in un’opera figurativa. Le immagini che ha creato hanno reso visibili le emozioni che il testo le ha trasmesso ma, allo stesso tempo, hanno dato vita a un immaginario iconografico della storia che, a mia volta, ho rielaborato e che influenzano la mia immaginazione. Nicholas Torriani, il protagonista, ha ora un volto, stilizzato e diverso da quello che avevo immaginato ma pur sempre un volto. La sua rappresentazione porta allo scoperto la fragilità del suo io di fronte agli eventi - sconcertanti e misteriosi - che ha dovuto affrontare. La civetta, simbolo della conoscenza nella tradizione classica, si aggrappa alla sua spalla per trattenerlo, forse per impedirne la caduta. Allo stesso tempo, i suoi artigli sono sul punto di ferire la spalla di Nicholas: prezzo forse inevitabile quando si svela un mistero a lungo protetto dal tempo. Il confronto tra la fragilità dell’individuo e la forza dell’animale crea una metafora nel dipinto. Rappresentando questa dialettica, i colori e le immagini dell’opera colgono uno dei sensi profondi che caratterizzano Il dono inquietante.

- Massimo Zaninelli
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